Sant’Antonio di Gallura Turismo  

sant’antonio di gallura
d’acqua e di granito 

Di Donatella Muso 

Adagiato sul crinale di una collina , Sant’Antonio di Gallura ha l’aspetto e la posizione tipica dei borghi galluresi, immersi nel verde dei boschi di lecci e sughere  e con viste su spazi immensi, dalle Bocche di Bonifacio al Limbara, dai picchi di San Pantaleo a quelli di Aggius, dal Golfo di Arzachena al monolite di Pulchiana.

E della Gallura Sant’Antonio porta non solo il nome, ma anche tutti gli aspetti fondanti della sua cultura, a partire dall’organizzazione del territorio, costellato di stazzi ancora abitati o frequentati, a dispetto del graduale abbandono delle campagne a cui si è assistito nei territori limitrofi. Sono ancora vivissime e produttive “Ii cussoggji” di San Giacomo, di Scupetu, di Zanzari, di Li Fichi Cani, per citarne solo alcune ed è proprio da una cussoggja che prende il via la storia di Sant’Antonio, cominciata poco più di un secolo fa. 

È una storia di padri fondatori, scaturita dal cuore e dalla tenacia dei pastori della cussoggja di Sant’Andrea che agli inizi del Novecento riuscirono in un’impresa epica, considerati il contesto sociale   e le condizioni economiche di quei tempi. Questi chiesero a gran voce la nascita della parrocchia, accettando le gravose condizioni imposte dalla curia che prevedevano la costruzione di una nuova grande chiesa, una casa parrocchiale con cinque camere e cento metri di raggio di terreno, una comoda sacrestia ed il mantenimento del parroco, tutto a loro spese. E loro, tenacemente, mantennero gli impegni.

Per questo, il nostro itinerario non può non partire dalla Chiesa di Sant’Andrea , la prima piccola chiesa campestre attorno alla quale si strinse quella piccola comunità ignara dell’impresa che avrebbe di lì a poco compiuto e delle origini medievali celate al di sotto delle sue fondamenta. 



L’edificio si trova in pieno centro urbano, sulla piazza Sant’Antonio. Si hanno notizie della sua esistenza a partire dalla metà del 1700, quando la chiesa era alta circa due metri e mezzo e con due file di portici ad archetti che servivano da sostegno al tetto; al centro, una cripta per seppellire i morti. Costruito in seguito un piccolo cimitero e abbandonata l’abitudine di tumulare i defunti all’interno della chiesa, nel 1873 questa venne demolita per costruirne una più grande e più decorosa, secondo i canoni classici dell’architettura delle chiese campestri galluresi.

Nel 1995 un accorto restauro diretto dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro con lo scopo di ripristinare l’aspetto originario compromesso negli anni, rivelò, fra lo stupore generale, l’origine medievale del piccolo edificio e dell’intera regione. Durante gli scavi effettuati per sistemare il pavimento vennero infatti rinvenute cinque sepolture di individui adulti. Uno di questi portava ancora un anello al dito anulare destro e, posizionata sulla bocca, una moneta, secondo una pratica assai diffusa nel Medioevo che aveva lo scopo di permettere al trapassato di pagare il pedaggio per la traversata verso l’aldilà. Fra i reperti recuperati vi furono inoltre due minuscoli cerchietti in metallo, un anello d’oro con pasta vitrea azzurra e diverse monete di zecca genovese a nome di Corrado Re. Le tracce di villa di Castro, il villaggio medievale scomparso ma da sempre associato a Sant’Antonio, erano state finalmente trovate!

Oggi l’edificio si presenta all’esterno con l’intera muratura in granito a vista ed un bel portale bronzeo con scene della vita del Santo e raffigurazioni del territorio santantonese. L’interno, a navata unica suddivisa in campate, è caratterizzato dalla copertura lignea, l’altare in granito e numerosi arredi in ginepro. Una nicchia incassata nel muro absidale ospita il simulacro del santo titolare, incorniciata da blocchi di granito a vista.

Nel suo complesso, la chiesetta è un meraviglioso esempio di stile e tradizione gallurese, fra i più riusciti di tutta la regione

Chiesa di Sant'Andrea

interno

Attigua ad essa, si trova la Chiesa di Sant’Antonio Abate, costruita in occasione della nascita della parrocchia omonima e tanto agognata dai pastori della regione di Sant’Andrea. Istituita la parrocchia nel 1907, si diede il via    ai lavori l’8 dicembre del 1911, interamente sostenuti dai fedeli come aveva richiesto la curia. E finalmente, un anno più tardi,     i neo-parrocchiani poterono ammirare l’opera tanto desiderata: una chiesa bella, ampia, decorosa, con una navata centrale, due laterali e con archi a tutto sesto. Nelle pareti laterali erano state ricavate alcune nicchie per alloggiare i simulacri, in fondo l’abside con l’altare maggiore, il battistero vicino all’ingresso principale e sulla destra, in vicino all’altare, un’ampia sacristia. Il pavimento era in cemento ed il tetto a doppio spiovente, mentre al lato della chiesa   fu costruito un alto campanile quadrangolare in cantonetti di granito sormontato da una cupola a vela. Tuttavia, nel  1965, in seguito a segni di cedimento della struttura, si rese necessario un restauro che purtroppo non rispettò le forme primitive dell’edificio.

Oggi la chiesa di Sant’Antonio si presenta infatti a navata unica. Abbattuti gli archi e i pilastri, i fedeli si raccolgono in un’unica grande aula con soffitto a cassettoni decorati dall’artista locale Lucia Canu con scene tratte dal Vangelo, mentre l’abside è impreziosita da un mosaico raffigurante la volta celeste al cui centro è disposto il tabernacolo.   Vicino all’ingresso principale vengono solitamente conservate le bandiere devozionali portate in processione durante  i festeggiamenti dei santi patroni: Sant’Antonio Abate, San Michele Arcangelo, Sant’Isidoro. Fra gli arredi, il crocefisso con il Cristo snodato utilizzato durante i riti della Settimana Santa. Contrariamente all’interno, l’esterno dell’edificio ha mantenuto l’aspetto iniziale, con la muratura in granito interamente a vista.

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I

Lasciate le chiese, ci si trova su Piazza Sant’Antonio, o “piazza di Gjesgia” abbracciata dalla quinta scenica dei diversi edifici d’epoca . Fra questi, spicca il Palazzo Mannu, di tre piani: lineare e maestoso, venne costruito agli inizi del Novecento e, ancora oggi, conserva linee, spazi, suppellettili e arredamento di quel periodo.

Oltre la piazza principale si arriva in via Principe Umberto, chiamata “Carrera Longa” fin dagli inizi del Novecento, per essere la via più lunga del borgo. È il cuore del centro storico dove più si conservano i tratti dell’architettura locale, erede di quella degli stazzi. Palazzetti in granito a vista alternati a case basse restituiscono linee e forme tipiche e con esse gli elementi architettonici più caratterizzanti, dalle lunette dei portoni con le iniziali dei padroni di casa ai balconi impreziositi da ringhiere in ferro battuto, e poi ancora ammorsature, barbacani, sedute e poggioli di granito. Lungo la Carrera Longa, ricordato da una targa, vi è anche il palazzo in cui visse e operò il Dott. Marco Tamponi, prospiciente sulla piazza a lui dedicata. “Lu duttori”, com’è ancora ricordato oggi, fu medico condotto di Sant’Antonio per quasi quarant’anni, ammirato e stimato dalla comunità per le sue qualità professionali ed umane. Ricevette nel 1964 il “Premio Missione del Medico” della fondazione Carlo Erba e, nello stesso anno, il Presidente della Repubblica, onorevole Antonio Segni, gli conferì l’alta onorificenza di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana.


Chiude la passeggiata in Carrera Longa il belvedere “Lu Naracu”, un interessante complesso di tafoni frequentato  fin da epoche preistoriche ed indagato dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro. Benché non vi sia traccia di nuraghe,  il toponimo induce a pensare che vi fosse, in passato, un manufatto dell’epoca.

Numerose sono invece le tracce di fondamenta circolari, così come suppellettili, frammenti litici e ceramici di età nuragica recuperati in loco.

Completa la visita archeologica la zona di “Sarra di l’Aglientu”, appena fuori il paese. Si tratta di una località molto vasta, che si estende dalle pendici del monte di Lu Naracu fino al versante orientale del Lago Liscia e che racchiude tra la fitta vegetazione due importanti emergenze archeologiche: i resti di un nuraghe ed un’imponente muraglia megalitica che si snoda per quasi cento metri. Quest’ultima, non ancora indagata, è stata datata, in base ad un’analisi stilistica, ad un periodo compreso tra l’eneolitico e l’età del bronzo .

Muraglia megalitica di Sarra di L’Aglientu

Liscia trail- trekking

Diversi sono i sentieri che conducono al Lago Liscia, raggiungibile a piedi dal centro del paese o comodamente in auto. Il lago artificiale, diviso fra i territori di Luras, Sant’Antonio di Gallura e Calangianus, offre dei bellissimi scorci ed imperdibili occasioni di visita, soprattutto per gli amanti dell’escursionismo e della pesca sportiva. Da visitare tutti i mesi dell’anno, ma in particolar modo in inverno e primavera quando l’invaso è al massimo della sua capacità ed il cielo, le nuvole e le colline tutte intorno si riflettono nelle sue acque regalando curiosi scenari onirici.

Completa la visita al lago il Centro Documentazione della Diga del Liscia, nella centrale Via Calangianus. Uno spazio espositivo in evoluzione inaugurato nel 2015 ed aperto al pubblico nel 2020, allestito con materiale fotografico, contenuti multimediali e rilievi grafici della costruzione della Diga del Liscia. Una sala separata raccoglie indumenti ed accessori del vestiario in uso tra il 1800 e gli inizi del 1900 che offrono un’interessante ed originale testimonianza dell’abbigliamento dell’epoca. I reperti vennero infatti recuperati presso la cosiddetta “chiesa vecchia” di San Giacomo, all’interno della cripta aperta in occasione di un restauro condotto dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro nel 1995.

Lago Liscia 

L’area è facilmente raggiungibile in auto, a pochi chilometri da Sant’Antonio di Gallura. Situato all’interno del Parco Comunale di San Giacomo, il vecchio edificio si trova accanto al cimitero dove riposano, dalla fine del XIX sec, gli abitanti della cussoggja omonima.

Di estrema semplicità, ha una navata unica divisa in due campate, costruito interamente in granito a vista e coperto da un tetto ligneo. Varcato l’ingresso che si apre in facciata, si riconosce chiaramente, adagiata sul pavimento, la botola che sigilla l’antica cripta ancora esistente. Nelle immediate vicinanze si trova invece quella che viene definita la “chiesa nuova” di San Giacomo, meta di devoti e fulcro di festeggiamenti che si svolgono ben tre volte all’anno, da oltre un secolo La “chiesa nuova” è anch’essa a navata unica suddivisa in campate, la copertura in legno di ginepro, il pavimento in cotto e la mensa d’altare in granito. L’esterno è in granito a vista locale e la facciata, a capanna, è sormontata da un grazioso campaniletto a vela. Come tutte le chiese campestri galluresi ha due porte d’ingresso, che, come è noto, non vengono mai chiuse a chiave, ma rimangono aperte per tutti coloro i quali desiderano soffermarsi. Da tenere a mente, però, che è buona abitudine bussare tre volte prima di entrare: per avvisare eventuali viandanti del nostro ingresso o, come gli anziani amano raccontare, eventuali anime in penitenza. In fondo, altro non è che un piccolo gesto di rispetto verso luoghi cari a qualcuno che, da sempre, accoglie il forestiero con un profondo senso di accoglienza e di ospitalità.


Donatella Muso



Bibliografia

PANEDDA D., PITTORRU A.: Santantonio di Gallura e il suo territorio tra cronaca e storia, Chiarella, Sassari, 1989

CAPRARA R., LUCIANO A., MACIOCCO G. (a cura di): Archeologia del Territorio, Territorio dell’Archeologia, Carlo Delfino Editore, Cagliari, 1996


Sant’Antonio di Gallura d’acqua e di granito